#Pittifriends #Littlechats - Petra Barkhof di Kid's Wear Magazine e Scimparello
News
Edizione 91
16.07.2020
Petra Barkhof, Deputy Editor e Digital Director di KID’S WEAR MAGAZINE, e fondatrice del nuovo magazine online Scimparello, ci ha parlato del gioco e di cosa abbia significato per lei, nel tempo. Da persona adulta che ha riscoperto la bambina che ha in sé; da piccola, quando giocava con la sua amica del cuore; e sul lavoro, dove continua a divertirsi con i bambini sul set.

Come giochi oggi?
Gioco soprattutto con mia nipote perché fra noi c’è un rapporto speciale, ci divertono le stesse cose e abbiamo gli stessi gusti: ci travestiamo, balliamo, giriamo i video su TikTok. Con lei recupero il tempo che non ho dedicato ai miei figli nel gioco. Diventare grande mi ha permesso di riscoprire la bambina che c’è in me perché mi diverto anche con le bambole di pezza e con quelle di carta simili a quelle che avevo da bambina e a cui si può cambiare abito. Gioco molto anche con il mio aspetto fisico, specie con i miei capelli che sono in parte blu, e con l’abbigliamento sempre un po’ eccentrico. Senza contare che sono attratta da tutto quello che è buffo e particolare. Il mio studio è pieno di pupazzi di ogni forma e dimensione, di scatole e scatoline, di disegni, di animaletti di plastica, di matite colorate…

Come hai giocato?
Con la mia amica del cuore Katrin abbiamo giocato alle gemelle Kessler sino allo sfinimento. E poi alle impiegate delle poste, facevamo finta di timbrare e spedire lettere e pacchi, oppure alle commesse del negozio di scarpe e ammonticchiavamo su una scala tutte le scatole che trovavamo in giro. Naturalmente ci truccavamo e ci mettevamo il rossetto delle nostre mamme che, come tutti quelli dell’epoca, era indelebile e non veniva via neppure con il sapone. Ricordo che pettinavo mio nonno per ore e a lui piaceva, almeno fino al giorno che per fargli un ricciolo li ho girato e rigirato il pettine così tante volte fra i capelli che è rimasto incastrato e ci abbiamo messo un’ora buona per liberarlo. Invece con mia mamma e miei fratelli facevamo giochi più tranquilli, da tavolo, tipo Monopoli o Mensch ärgere dich nicht (Non t’arrabbiare), una specie di gioco dell’oca.

Qual è parte ludica nel tuo lavoro?
Tutto il mio lavoro è un gioco. Già immaginare il tema di un servizio fotografico è un gioco. E poi recuperare i vestiti. E metterli insieme. E farli indossare ai bambini nel backstage che intanto mi insegnano sempre qualche nuovo trucco da fare con il cellulare o con il tablet. E stimolarli sul set: farli ridere, intrattenerli, ascoltare le loro conversazioni, vedere la loro gioia quando li porto in location particolari come vecchie ville e boschi che sembrano incantati, o la loro sorpresa quando realizzo scenografie particolari. Entrano subito nella parte e non vorrebbero più andare a casa. Non potrei fare questo lavoro se non fossi io la prima a divertirmi.