Thread Forum:
Julia Rodowicz
Editoriale
Edizione 90
10.12.2021
Julia Rodowicz: la lingua segreta delle fibre

Come nel filo conduttore che collega i vari interventi in una conversazione online, il progetto Thread Forum, curato da Antonio Mancinelli, è una ricognizione sul ruolo della maglieria nell’estetica contemporanea. Grazie a una serie di interviste ai più noti knitwear designer del mondo selezionati tra coloro che intervengono a Pitti Filati, intende anche dare risposte agli interrogativi che spesso si pongono retailer e acquirenti, ma a cui non si trovano facili risposte: dialoghi sul “qui” e “ora” di una materia che fa parte da sempre della cultura del vestire.

Nata a Varsavia ma francese di adozione, ha studiato design allo Studio Berçot di Parigi, dove vive dal 2001. In seguito, ha lavorato come knitwear designer per Balenciaga, per poi passare a diventare consulente di brand luxury e mass-market inclusi Lanvin, Lemaire, Nehera, Calvin Klein e Uniqlo U. Ora è al suo esordio come design director di Goldwin, linea giapponese di sportswear.
Quali sono stati i suoi esordi nella maglieria? 

Già da studentessa ho capito di essere appassionata alla maglieria, perché si deve disegnare sia la materia prima, sia il capo. In questo modo, ci si piò esprimere a diversi livelli e, nello stesso tempo, si ha anche un maggior controllo sull’intero processi di realizzazione fino alla confezione. Ho iniziato perciò la mia carriera da Balenciaga, dove sono diventata knitwear designer, e ho mantenuto le relazioni con fabbriche di maglieria, filatori e fiere come Pitti Filati. 

Non si è sentita un po’ sminuita nella sua creatività, lavorando per i marchi della grande distribuzione?

Assolutamente no. I designer, dopo tutto, non sono artisti. Dobbiamo tenere conto dei requisiti tecnici, delle considerazioni pratiche e della domanda dei consumatori. In particolare, le conversazioni con tecnici e programmatori di macchine per maglieria sono sempre state per me molto stimolanti. Conoscere il linguaggio dei filati, delle trame e dei punti è fondamentale per il processo di progettazione di nuovi capi. Stare a contatto fisico con il materiale e scoprire nuove soluzioni tecniche continua ad essere per me un'esperienza entusiasmante.

Lo consiglierebbe anche agli studenti delle scuole di moda?

Scherza? Ma certo! Direi: «Prima di cercare lavoro come stilista, vai a visitare le fabbriche che confezionano i tuoi vestiti, magari fai uno stage per capire le possibilità delle macchine per maglieria, per esempio». In molte scuole, purtroppo, non si pone ancora l'accento sul versante manifatturiero come degno di interesse, ma va studiato accanto a materie come la storia della moda o del design. È il progresso tecnologico che rende possibili le innovazioni nel prodotto finale.
 
I filati influenzano anche il suo processo creativo?

Tutto inizia lì. O meglio: a volte parte da un'idea che ho in mente e poi vado alla ricerca del filato più adatto a dare forma a quell'idea. Altre volte accade il contrario. È una strada a doppio senso.

Da dove altro trova le sue ispirazioni? 

Comincio studiando il target delle mie creazioni: chi sono, quali bisogni hanno, qual è il loro budget per l'abbigliamento, e così via. Questo mi permette di disegnare abiti che si adattano a chi li indossa. Non pensare che lavorare per un marchio di moda "democratico" come Uniqlo limiti la tua immaginazione. Ad esempio, con Uniqlo ho sviluppato capi interamente seamless, senza cuciture, utilizzando la tecnologia all'avanguardia WholeGarment ideata da Shima Seiki, un’industria innovatrice giapponese nelle macchine per maglieria.

Trova la maglieria un materiale adatta a rivestire i nostri tempi?

Credo che, psicologicamente e tecnicamente, la maglieria sia assolutamente ciò di cui gli umani hanno bisogno ora. È confortevole ma sempre elegante, perfetta per ogni situazione. Anni fa ho regalato a mia sorella, giornalista e attivista, un pullover di cashmere. All'inizio non lo voleva: poi, qualche tempo dopo, mi ha telefonato dicendomi che, abitando così lontano, ogni volta che lo indossava si sentiva come se la stessi abbracciando.

La sostenibilità sarà un tema importante nel settore della moda in futuro?

Più che un tema, è una necessità. Sappiamo tutti che la vera sostenibilità sarebbe smettere di produrre, ma la nostra continua ricerca di bellezza e novità ci porta a creare nuovi oggetti. Per questo motivo i capi devono avere il minor impatto possibile sull’ambiente. E la maglieria è il prodotto sostenibile per eccellenza: perché è completamente realizzata su un modello, gli scarti sono ridotti al minimo. In passato, i pullover venivano comunemente smontati e i filati rilavorati per coperte o sciarpe. Oggi cerco di utilizzare fibre sostenibili e riciclate. La ricetta è sempre la stessa: consumare meno, consumare meglio, utilizzare più a lungo ciò che si ha già.

Lei è una delle tante designer di maglieria donna che ho incontrato: perché ci sono così tante donne in questo settore dell'industria della moda?

(Ride). Credo che il multitasking sia parte della natura delle donne, e quando si ha a che fare con la maglieria bisogna tenere a mente molti elementi diversi: il tipo di filato, le capacità delle macchine per maglieria, fattori economici e logistici, estetica e brand identity ... Credo che bilanciare molte esigenze diverse - pratiche e stilistiche - sia qualcosa in cui le donne eccellono.


Portrait by Agnieszka Rodowicz