Sustainability at Pitti:
Patrick McDowell
Editoriale
Edizione 100
17.06.2021
Katharine Hamnett x Patrick McDowell Need Your HELP.

Sustainability at Pitti è una serie di interviste per celebrare chi sta rinnovando il mondo della moda con un’attenzione speciale verso l’ambiente. Dando voce ai designer che mettono la sostenibilità al centro del loro lavoro, speriamo di ispirare e guidare un'ondata di cambiamento nel nostro settore, aiutando tutti a impegnarsi insieme per un futuro migliore.

Quando due delle voci più potenti della moda nel Regno Unito si uniscono per lanciare un messaggio, è impossibile non prestare attenzione. Specialmente se la richiesta è la parola “HELP." scritta a caratteri cubitali neri su un'intera collezione. Ma lo scopo centrale della collaborazione Katharine Hamnett x Patrick McDowell è proprio quello di smuovere le coscienze, aumentando la consapevolezza degli effetti devastanti che la Brexit sta avendo sull'industria della moda britannica.
La loro collab collection si chiama "Reimagine" e unisce le cifre stilistiche di entrambi: l’inconfondibile teddy jacket di Hamnett e le sue t-shirt con slogan ispirati all’attivismo, che porta avanti dal 1981, e il lavoro di design attento all'ambiente di McDowell (da quando ha lasciato Burberry e lanciato la sua linea, McDowell ha realizzato diverse collezioni Reimagine per ridurre l'impatto globale dell’industria della moda).
 
Lavorando in stretta collaborazione con i laboratori di Londra, McDowell ha reinterpretato i capi di Hamnett in chiave sostenibile: la stampa HELP che campeggia su tutta la capsule è stata realizzata con un inchiostro a base d'acqua e le giacche sono tutte di collezioni precedenti, rinnovate tramite una nuova silhouette. In più, le magliette di cotone di Hamnett sono tutte certificate GOTS (Global Organic Textile Standard), ovvero hanno ricevuto l’approvazione dei certifier più rispettati al mondo.
 
La collezione si allinea anche su un’unica posizione politica: la Brexit è un disastro per i creativi della moda nel Regno Unito e bisogna fare qualcosa. Oppure, come dice Hamnett: “L'unico modo per uscire da questa merda è insieme. HELP. Lavoriamo insieme." Presentare il lavoro dei due a Firenze dà ancora più forza a questo messaggio: "L'industria della moda italiana ha sempre sostenuto entrambi i nostri brand", commenta McDowell. Il fatto che Pitti presenti la nostra collaborazione è un'ulteriore prova che l'industria della moda britannica ha bisogno del sostegno dell’Europa".
Per saperne di più sulla loro collaborazione, cosa pensano della Brexit e sull’impegno verso la sostenibilità sa parte dell'industria della moda, abbiamo fatto quattro chiacchiere con McDowell.
Qual è stato l'impatto della Brexit sull'industria della moda britannica? In che modo ne hai sentito gli effetti?

Credo che in generale, la via da seguire sia quella di lavorare insieme e collaborare. La Brexit inibisce questo flusso naturale di creatività, del saper fare e del talento in tutta Europa. Penso che sia completamente inutile e, oltre alle implicazioni pratiche, mi sembra un insulto agli amici e ai colleghi europei.
Come potrebbe l'industria della moda aiutare a contrastare gli effetti della Brexit?

Abbiamo bisogno di un vero sostegno da parte del governo del Regno Unito che identifichi e riconosca le dimensioni e l'importanza della moda nel paese. Spero che insieme, come intero settore, si possano trovare soluzioni per superare le difficoltà che la Brexit comporta.

In che modo la Brexit ha avuto un impatto negativo sui brand del Regno Unito impegnati a produrre collezioni in modo eco-sostenibile?

La Brexit ha fatto sì che la circolazione delle merci sia più costosa e richieda più tempo, al momento. In generale, penso che la sostenibilità sia una questione di mettere in relazione le persone, le pratiche, il saper fare. La Brexit ci sta separando dall'Europa e questo è dannoso per tutti.
 
È bellissimo vedere due designer conosciuti usare la propria voce per favorire un cambiamento positivo nel settore della moda. Com’è nata questa collaborazione?

Ci siamo incontrati per la prima volta a un talk qualche anno fa e, personalmente, amo i vestiti di Katharine. Li indosso ogni giorno. Katharine si è fatta sentire sulla Brexit e siccome sono conosciuto per aver reinterpretato i capi di altri marchi, le è sembrato naturale lavorare insieme a questo progetto.
 
Puoi parlarci degli elementi sostenibili di questa collezione? Ad esempio, quali sono i vantaggi dell'utilizzo di coloranti a base d'acqua?

Innanzitutto tutte le giacche sono di stagioni passate, reinventate. Il laboratorio e gli stampatori con cui abbiamo lavorato per la collezione si trovano tutti a 5 km dal mio studio, quindi sono molto vicini. Il processo di stampa spesso utilizza sostanze chimiche dannose e molta energia. Mesh and Blade, i printer londinesi con cui abbiamo lavorato, utilizzano coloranti a base d'acqua privi di sostanze chimiche tossiche e le stampe vengono polimerizzate attraverso l'aria, invece del tradizionale process di "baking", che utilizza molto calore.

Come riesci a conciliare la tua consapevolezza sull'impatto ambientale dell'industria della moda con la progettazione e la realizzazione di nuovi prodotti?

Per me i vestiti devono avere un significato ma anche essere speciali e desiderabili. Trovo che abbiamo avuto tanti decenni di vestiti senza grande significato. Ora, soprattutto dopo la pandemia, abbiamo bisogno di pezzi significativi, desiderabili e duraturi da poter amare per generazioni a venire.

Quali sono le più grandi sfide che ti trovi ad affrontare come designer nella creazione di collezioni responsabili?

Il sistema è organizzato in modo da pensare prima a produrre e poi a vendere. Credo che questo sia uno dei problemi più urgenti della moda. Se facessimo semplicemente ciò che la gente effettivamente vuole, invece di tirare a indovinare, ridurremmo drasticamente gli sprechi del settore. È proprio come era in passato. Il futuro è guardare indietro a come erano le cose prima e coniugare queste idee con la tecnologia per creare il futuro.
 
Cosa pensi delle presentazioni stagionali? C’è ancora bisogno di presentare le collezioni in questo modo?

Non ho problemi con il presentare le collezioni così, ma credo che la produzione e la campagna acquisti dovrebbero cambiare. Pensiamo alle vendite nell’abbigliamento come a un processo molto lineare, ma ci sarebbe molto da guadagnare nel pensare a un approccio più a 360 gradi.

Cosa ne pensi dell’impegno del settore verso la sostenibilità? Quale cambiamento vorresti vedere?

Penso che per ora sia ammirevole che la sostenibilità sia diventata parte del linguaggio quotidiano di molti marchi così rapidamente. Ovviamente dobbiamo muoverci più velocemente e penso che il business del futuro stia nella capacità di vedere potenziali nuove vie di guadagno con pratiche come il rental, il ritiro, il riutilizzo in chiave creativa, e il made-to-order.
 
Hai qualche consiglio o suggerimento per i brand e i designer che vogliano essere più responsabili nel loro lavoro?

Fate solo quello che sapete la gente vuole comprare.
 
Potrai esplorare le collezioni, contattare il brand, richiedere un appuntamento online e molto altro ancora.