MFF: Stella Jean
Editoriale
Edizione 99
06.04.2021
«L’uomo è in cerca di una nuova identità»
La stilista italo-haitiana racconta la sua personale visione della moda, facendosi portavoce della multiculturalità della moda senza confini di genere ed età 

«Credo che la moda maschile stia vivendo in questo momento un’intensa fase di riflessione - termine qui da intendersi, sia come pensiero che come fenomeno di rifrazione - e rappresentazione dei propri tempi che sfocia in una contemporaneità che ne sta sempre più cancellando i limiti di genere, sfumando in una nuova identità. Una nuova identità recalcitrante a subordinarsi a qualsiasi casella predefinita». A parlare è Stella Jean, la stilista italo-haitiana tra le più affermate della nuova generazione del Made in Italy. Salita alla ribalta per la sua collezione "Wax & Stripes" con cui ha vinto il concorso Who Is On Next?, progetto di fashion scouting ideato e realizzato da Altaroma. Era il 2011 e da quel momento Stella Jean, con mamma haitiana, papà torinese, ma cresciuta a Roma, ha colorato le collezioni moda di stampe, righe, fantasie, tinte accese. Un crogiolo multiculturale, ma soprattutto un messaggio di democrazia da parte di un brand che ha fatto dell'inclusività uno dei suoi principi cardine.

Qual è la sua visione sulla moda?
«È mia abitudine concentrarmi sul presente e sui fatti che devono imperativamente seguire pensieri e considerazioni, con l’obbiettivo di applicare il mio vissuto di multiculturalità alla moda. Fatta questa premessa, la moda secondo me non è da intendersi solo come approdo estetico, ma come potente megafono internazionale che permette attraverso la bellezza di fare una breccia nello spettatore. È un potente mezzo che attira l’attenzione che per me si trasforma in canale d’integrazione.

E le sue considerazioni sul futuro?
«Gli abiti possono parlare in maniera più incisiva e diretta di molte parole, è per questo che reputo la multiculturalità applicata alla moda un varco per lo sviluppo. Ridurre una collezione o una sfilata semplicemente alla somma dei suoi capi, sarebbe parzialmente irresponsabile da parte nostra. La moda maschile oggi è il riflesso di tutto questo e sta approdando in una nuova identità. Una nuova identità recalcitrante a subordinarsi a qualsiasi casella predefinita».

Come è iniziata la sua carriera?
Ho iniziato come modella e sin dalla prima volta in cui ho messo piede nell’atelier di uno stilista, sapevo di essere nel mio elemento. Ero nel posto giusto, ma nel ruolo sbagliato. Ed ho cambiato ruolo! Grazie ad una sarta italiana, che riusciva a capire e tradurre i drappeggi delle stoffe che appuntavo direttamente sul manichino e su di me  - poiché io non so disegnare, dunque modello tutto direttamente sul corpo - ho iniziato a sperimentare le prime collezioni moda. Poi un giorno trovai il modulo di partecipazione al contest per nuovi talenti della moda “Who Is On Next”. Mandai la mia candidatura due volte e due volte fui bocciata.

Ci sono stati dei punti di svolta fondamentali?
Certo. Dopo essere stata bocciata, mi sono rimboccata ulteriormente le maniche, dal momento che non mi è mai mancata una certa tenacia, e ho sempre pensato che non esiste muro che non si possa trasformare in porta quando ci credi veramente. Così mi sono ricandidata al talent scout per la terza volta. Decisi di raccontare attraverso la mia collezione ciò che fino a quel momento avevo sempre creduto essere il mio punto più debole e vulnerabile, la mia storia. Ho messo così insieme da una parte le stoffe wax quelle che in quel momento per me simbolizzavano le radici nere di Haiti - la prima Repubblica nera al mondo, un paese estremamente fiero della propria negritudine - e dall’altra i tagli e la sartoria della tradizione italiana ispirandomi alle tipiche camicie a righe di mio padre. Ho raccontato così la mia famiglia attraverso i look di una collezione multietnica. Quella collezione fu promossa. E da quella collezione è cambiata la mia vita. La mia multiculturalità, che avevo sempre pensato essere il mio tallone di Achille, divenne quel giorno il mio punto di forza e di partenza. È per questo che oggi penso che la moda sia un potente mezzo di integrazione sociale.