Pitti Through The Ages: Come Americana divenne il Cavallo di Troia che incrinò il predominio della tradizione sartoriale a Pitti Uomo
Editoriale
Edizione 99
27.01.2021
Pitti Through the Ages è una serie di approfondimenti incentrati sulla storia di Pitti e la sua eredità nell'abbigliamento maschile. 

Words @samutaro

Se vi chiedessimo di visualizzare lo stile maschile a Pitti Uomo, probabilmente usereste l’immagine di uomini in abiti dal taglio impeccabile e sontuose creazioni di sartoria. Non a torto. Sin dal suo esordio nel 1972, Pitti è stato il cuore pulsante dell’abbigliamento formale e della tradizione sartoriale - e nel frattempo non ha perso nulla del suo fascino originale, continuando ad attrarre molti marchi e addetti ai lavori provenienti da quel settore di mercato. Ma con il boom del menswear è esplosa anche la diversità in fiera, non solo riguardo al numero di brand presenti, ma anche per lo street style che la circonda.

Uno dei principali punti di svolta nei codici di abbigliamento avvenuti al di fuori della sartoria è la costante diffusione e popolarità dello stile Americana del XX secolo, un’estetica che corre lungo uno spettro che va dal workwear più duro alla cultura South Western e include tutto quello che sta nel mezzo. Presi nel loro insieme, questi stili rispecchiano un più ampio cambio di direzione nel menswear, un allontanamento dal formale e dai riferimenti consolidati e un avvicinamento al pratico, al facile da indossare e adatto al viaggio. “I codici tradizionali vengono semplicemente resi irrilevanti: i giovani sono molto più interessati a procedere con quello che hanno da fare, presentarsi e sentirsi bene mentre lo fanno”, ha spiegato Ben St George di The Rake parlando delle evoluzioni del vestire maschile alla 92esima edizione di Pitti Uomo, nel 2017.
L’onda del cambiamento nel salone si esprime soprattutto attraverso le tendenze. Se una volta Pitti Uomo era esclusivamente il tempio dei devoti alla sartoria, ora accoglie una comunità votata a un’idea di moda molto più ampia, che include l'abbigliamento casual e che continua a fare proseliti tra gli appassionati di menswear. Tutto ciò è un sintomo di quanto sta accadendo nel mondo dell'abbigliamento maschile più in generale: il mercato si sta rilassando e spostando verso orizzonti più sobri.

Grande parte dell'interesse per lo stile Americana può essere ricondotto al biennio 2008-2009, quando gli effetti della recessione globale si manifestarono anche in un ritorno alle origini nel modo di vestire. Nella moda uomo, c’erano gli amanti del look boscaiolo e i fan del workwear come Filson, Engineered Garments, RRL (e persino un tocco di Visvim e Kapital su sovrani di stile come Greg Dacyshyn). E poi c’erano i fedelissimi dello stile preppy, a tessere le lodi delle nuove proposte extra-slim-fit di Brooks Brothers, della linea Rugby di Ralph Lauren e del lavoro di Frank Muytjens a J.Crew – che stava incanalando una sintesi di tutti questi archetipi in capi facilmente indossabili e a prezzi ragionevoli. I giapponesi hanno sempre avuto un debole per lo stile Ivy League e personaggi come Poggy The Man o Mr Hirofumi Kurino, stagione dopo stagione, riescono a tirare fuori gli standard migliori di tutta Pitti.
L'influenza del workwear sullo stile ribolliva nella pentola vintage già da un po’ di tempo, ma è stato il pubblico fashion-forward di Pitti che sicuramente ha contribuito a introdurre la tendenza nello zeitgeist della moda uomo di quel periodo. È questo il momento in cui il denim grezzo e i pesanti stivali a lavorazione Goodyear sono diventati la norma, perché gli uomini cercavano di crearsi un’estetica da ‘lumbersexual’ ad alto tasso di testosterone e un total look di impronta ereditaria.
 
A Pitti marchi come Nigel Cabourn, Monitaly e Levi's Vintage Clothing diventano pilastri dello stile Americana da uomo con le loro fedeli riproduzioni di capi vintage, mentre altri espositori abituali come Universal Works e Eat Dust offrono una versione più contemporanea della tipica tenuta americana. Nel 2016 il brand giapponese Visvim è stato uno dei primi marchi di questa famiglia invitati a tenere una sfilata in occasione della fiera, mettendo in scena un tripudio di Americana vintage unito a dettagli iconografici di origine giapponese. Il creatore del marchio, Hiroki Nakamura, aveva persino portato alcune auto antiche Ford e una motocicletta Indian Scout del 1928, presa dalla sua collezione personale. Da allora, grandi nomi hanno presentato una visione moderna dell’idea di Americana, come Sterling Ruby, l’artista americano diventato fashion designer, che ha proposto il suo caratteristico workwear in denim dipinto a mano, mentre lo scorso giugno è stato l’acclamato stilista americano Spencer Phipps di Phipps, grande protagonista della moda sostenibile, a fare il suo debutto sulla piattaforma digitale del salone.
 
Via via che la fiera si arricchiva sempre più di marchi di questo tipo, il cambiamento si rifletteva anche sullo stile adottato dal pubblico. Nel corso degli anni capi come le giacche invecchiate ad arte di Carhartt, le comode camicie scozzesi e l’abbigliamento ispirato alle tenute da caccia (quelle che ti aspetteresti di vedere in passerella da Junya Watanabe), sono diventati comuni tanto quanto l'abito formale che sfila di norma sui selciati della Fortezza. Se negli anni, ogni stagione, ti tieni aggiornato sugli street style di Pitti Uomo, probabilmente riconoscerai visitatori abituali come Nigel Cabourn e il suo team di esperti e appassionati di vintage, nel servizio stagionale di Vogue, mentre altre figure di spicco del menswear come Daiki Suzuki di Engineered Garments o lo stilista italiano Angelo Gallamini danno una lezione al mondo su come indossare workwear e sartoria casual con una verve incredibile. Anche nomi influenti come Virgil Abloh sono noti per le loro annunciate apparizioni a Pitti, come quella allo show di Sterling Ruby nel 2019, alla quale Abloh si è presentato indossando un fantastico completo pantaloni cargo mimetici e giacca di jeans vintage Levi's.
 
All'edizione di gennaio 2020, a Pitti sono emerse due tendenze principali che hanno confermato il fascino intramontabile dello stile Americana. La prima è stata un riflesso del ritorno dell’estetica nerd chic che sta caratterizzando questo momento della moda maschile. Pensiamo a personaggi come Tyler, The Creator, a brand come Rowing Blazers e retailer come Noah, in prima linea all’interno di un filone che sostiene un approccio più giovane all'estetica tradizionale americana. Pitti Uomo era pieno di bei completi in velluto a coste, comodi cardigan in mohair, maglioni in stile canottaggio e blazer di tweed, a dimostrazione di come il menswear si stia progressivamente e lentamente riavvicinando ai codici dello stile classico.
 
Oltre al circolo degli adepti dello stile preppy, molti degli uomini in giro per le strade di Firenze si erano presentati vestiti di tutto punto secondo un nuovo approccio allo stile western: un po’ meno cowboy da rodeo, un po’ più tipo da rodeo drive. Luke Day, fashion director di GQ, è da tempo fan dello stile cowboy e ogni giorno si è presentato con un cappello Stetson in testa, abbinato a capi dal taglio sartoriale e denim perfettamente sbiadito. E non era solo, la tendenza aveva preso decisamente piede! C'erano molti altri membri del contingente moda pronti per un elegante rodeo, con indosso classici del genere come sontuosi cappotti navajo, camicie di flanella, piumini con la classica punta western e pantaloni modello bootcut perfettamente stirati. Gli Stetsons svettavano sulla solita marea di Borsalino. E non c'è proprio da meravigliarsi che questi signori siano diventati i più ricercati dai fotografi di street style della stagione